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domenica 8 aprile 2012

235 - Le due facce della sofferenza: l'Ave Verum e la Musica funebre massonica

Possiamo mettere in conflitto il Mozart religioso e il Mozart massonico o considerarli due facce della stessa preziosa moneta: tuttavia è difficile trovare, nella produzione del secondo, gli stessi accenti di pietà e sofferenza che abbondano nel primo, dal Requiem alla Grande Messa fino ad altri numerosi esempi delle sue opere di musica sacra.

Per una volta, però, anche nel corpus compositivo ad uso e consumo della Massoneria compare una descrizione in musica del dolore, curiosamente imperniata su un cantus firmus che potrebbe tranquillamente far parte di una Messa:


Nel suo ferrigno do minore, la Musica funebre massonica può descrivere solo la morte e (nelle ultime battute) la sua pace, non la Resurrezione; un confronto con il più tardo Ave Verum Corpus risulta illuminante. Tanto è fissa e dolente la Musica funebre massonica, quanto è priva di queste caratteristiche l'Ave Verum.

In quest'ultima opera non c'è esultanza né accoramento, bensì una contenuta serenità appropriatissima per il testo e per il contesto; echi d'opera lirica si possono intendere sul finire del mottetto, dove passa veleggiando una citazione sicuramente involontaria del Così fan tutte (!):


Il pezzo citato si riconosce agevolmente (da 2:37; è tratto dal concertato "Di scrivermi ogni giorno") e si contrappone per cantabilità alla melodia iniziale, addolcita da un piccolo cromatismo.

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